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19 Maggio 2015
NON BASTA
non basta rivolgersi contro la tirannia
di un paese frammentato,
già cenere sparsa e spenta
noi calpestati come mozziconi
e non possiamo più sentire
più della polvere al vento,
rintanati nelle nostre singole conche di fumo
e non possiamo più vivere
ingoiati in un traffico di sabbia negli occhi
qual era quella luce? Che accendeva gli animi
qual era quella voce, la vita?
qual son io, umana forma d’essere?
All’uomo che vaga solo nella rivolta
all’uomo che grida per sé stesso
noi siamo sete che prega
noi siamo cori di voce che pregano
in un deserto, seccamente vuoto
noi dobbiamo pregare
Ma il nostro deserto è un deserto d’asfalto
che affolla il cielo sopra di noi
traffichi di nuvole accerchiano
i piedi in corsa, pesanti, il piombo,
rumori, un rombo che mette in moto
una terra rivestita, soffocata, piegata
sotto una veste dura e sopra di me
premeva il cuore assopito
come un cielo di ferro che quasi
fissava il suo occhio acceccato, affilato
per scoperchiare il mondo e franarlo
per intravedere quelli che da secoli
scomparvero lontano,
un Uomo e una Donna,
una Donna e un Uomo
Esseri Umani
lontano il cammino si appartava
piangente, lontano, non era il deserto
non era il deserto, magari, un deserto
questo inverno non cenna a placarsi
oggi ho comprato un altro fiore
messo lì fermo ad aspettare, un tavolo
una goccia d’acqua, a giorni a giorni
che si muovono gocce a scrosci
a giorni che non ti chiamo, non ti sento
non ti tocco,
le volte del cielo spedivano il loro corso
in un lamento, ieri domani e oggi, nulla
non questo è il mondo, non questo
pregarsi di non lasciare questo mondo così
così tutti fremono nel mondo, il piacere
avvolto dalla nebbia lo zapping d’immagini,
dove la nebbia non si vede, solo fari,
intermittenti, veloci, indifferentemente
puntati sugli occhi come avvoltoi perversi,
piacere di conoscerti, andiamo su skype,
piacere, non ti tocco, piacere, non ti vedo,
sì ti vedo, vediamoci
mi piaci,
l’altra notte era buio,
queste mani entravano in un corpo
che dimenticava per un attimo la vita
mi piaci, mi hai colpito, simpatico
come si colpisce
la solitudine del vuoto,
sempre vuota
all’indomani stropicciandomi gli occhi
non ho pianto, m’incamminavo alla veglia
questo deserto, questo deserto, è qui
cammina vicino, tra il tuo naso e la finestra
tra le sequenze dei giorni, sull’asfalto
come non sentire in questi rumori, le urla,
di un bambino soffocato, che gioca sotto
un cielo che si sgretola?
Franando sotto i nostri occhi?
Siamo troppo indaffarati a guardare i nostri piedi
a mescolarli nella massa dei minuti che passano
nei labirinti circuiti infiniti che ci siamo costruiti
i nostri piedi corrono, corrono, e noi li guardiamo
e il mondo in corsa è il nostro giocattolo preferito
è lui che ci manovra come marionette
non si gioca con l’amore, non si gioca col dolore
accerchiati, demoliti, siamo la nostra prigione
queste sbarre di ferro son dal cielo alla terra
l’universo intero,
abbiamo avuto tanto tempo, quel tempo
in ogni tempo è il tempo
e l’amore ci chiama a sé, ciechi
scoperchiamo i cieli, frantumiamo la terra,
nudi, senza speranza, andiamo, a prenderla
scoperchiamo i cieli, frantumiamo la terra
e corriamo a prendere aria,
smog, ah oggi proprio non respiravo,
cercavo cogli occhi un luogo dove ci fosse aria
adesso anche i bar vendano aria pulita
un sorso e via!, un nuovo giorno comincia
te la vendano a 2 euro al sorso, macchinette
attaccate dappertutto, tipo aerosol,
per le scorte d’aria sto facendo un mutuo
quelle macchinette son l’aperitivo di moda,
aperi-aerosol, le chiamavano, un sorso e via!
Abbiamo gridato abbastanza anche oggi
vetri rotti da tutte le parti sopra la cenere
e le sigarette non son più di moda.
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